le citta invisibili dei filosofi 23 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: le rovine delle terme romane

Riproduzione dei resti di un edificio distrutto

Si scende lentamente dal caotico agglomerato della parte alta del quartiere settentrionale verso il mare e le prime scale che scendiamo annunciano che gli spazi iniziano ad aprirsi. La pavimetazione allagata con acqua calda molto sopra la caviglia è il primo richiamo all’elemento più importante delle costruzioni che all’epoca si ergevano in questo punto: le terme. Una pozza di acqua  pulita che rinfranca  il cammino fino a quel momento scosceso indica alcuni dei concetti fondamenteli su cui gli attuali filosofi hanno ragionato per ricostruire la loro città. La loro unica attività fisica è  camminare, serve sicuramente per alternare lunghe ore di concentrazione e produzione di pensieri nella penombra a momenti di apertura mentale alla luce: aggiungere sensazioni diverse di contatto dei piedi scalzi con la superficie, permette di rientrare nella realtà anche a livello tattile. Questo dei piedi si rivela essere l’unico loro piacere fisico che non è da confondere con l’allusione feticista che può far venire in mente: ogni altro piacere è lasciato da perte, non per costrizione o autodisciplina ma per puro e semplice disinteresse.

I pochi resti delle terme romane prima e di quelle elleniche poco distanti, alludono a un preciso messaggio: la critica a quello che è è stato per loro il simbolo edonistico per eccellenza dell’antichità. Per questo motivo vediamo la ricostruzione non degli edifici termali ma delle loro rovine. Si immagina che essi rifiutino l’idea che il tempo trascorso alle terme possa essere curativo ma pura immersione nel lascivo piacere fisico. I pensatori di questo luogo sia uomini che donne, come accennato all’inizio del viaggio, non hanno nessun tipo di comunicazione verbale quantomeno contatto fisico; talvolta si trovano a osservarsi l’un l’altro con lo stesso distacco emotivo che si ha di fronte a un qualsiasi oggetto nel momento in cui la mente è completamente rapita da altri pensieri. Va sottolineato che ci si trova ancora nella zona abitata dei filosofi integralisti ma le abitudini, nel resto della città, non sono molto diverse. Il gruppo di filosofi che ha fondato questa città con l’intenzione di radunare solo pensatori della stessa “scuola” è scomparso ormai da decenni, negli anni successivi se ne sono aggiunti a migliaia, tutti rigorosamente fedeli alle regole di vita e convivenza che garantiscono quell’aspetto di città, deserta quasi fantasma, che si percepisce nel corso della nostra visita.

caseNord 22 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: Le dimore dei filosofi integralisti

Le dimore dei filosofi integralisti

Se si proviene dalle aree sacre, in cui si respiravano ampiezze e si camminava sul muschio morbido, il contrasto sensitivo è immediato. I piedi incontrano un selciato impervio, scavalcano rovine e ruderi artificiali messi apposta per rendere il cammino faticoso in salita. Il groviglio di case che si presenta alla vista muovono un profondo senso di soffocamento pari alla claustrofobia di chi si trova nel bel mezzo di un labirinto. L’acropoli sovrastante (da cui è iniziato il viaggio) si intravede a mala pena  e sembra irraggiungibile tanto complesso è il sovrapporsi delle costruzioni. Le case sono addossate una all’altra a distanza di pochi decimetri  in modo che percorrendo  a piedi i caseggiati non si può fare a meno di strisciare qua e la contro i muri e in certi punti è necessario proseguire in laterale per poter varcare i passaggi più stretti. In ogni momento tutto ciò che circonda è mirato a togliere la visuale d’insieme costringendo il visitatore ad avere pareti a distanza ravvicinata: così non rimane che sbirciare dentro ai rari antri e finestre che si incontrano sul percorso. In queste case vivono i filosofi più agguerriti, orgogliosi di auto definirsi “integralisti” per il rigore con cui seguono e osservano le regole imposte. L’architettura urbana che li ospita è una chiara allegoria del loro metodo per affrontare le domande che riguardano l’esistenza. Essi non scrutano gli insiemi, non osservano il mondo dall’alto delle loro dottrine ma si buttano nei grovigli indistricabili dei pensieri cercando di entrare nel particolari, girare a lungo attorno agli argomenti in attesa che si apra una falla, una finestrella che possa dar modo di intravedere all’interno del problema un indizio o una parvenza di soluzione.

 

terrazze sacre 21 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: Le terrazze sacre

Il grande spiazzo dedicato a Poseidon Asphaleios  (2540/2750 d.c.)

Dopo la visita alla torre da cui si gode, al di la dell’effetto vertiginoso della gola del fiume, la vista del quartiere meridionale fino al mare, si prosegue la visita tornando all’agglomerato urbano sotto l’Acropoli. Lo spiazzo che si trova tra la torre e le prime case ha un riferimento alle terrazze storiche della città. Un rettangolo spoglio pianeggiante perfettamente delimitato dai muri delle case avrebbe dovuto  ospitare costruzioni sacre e templi dedicati agli dei in particolare il dio Poseidone. La scelta di non riprodurre l’architettura sacra ha motivazioni tutt’ora sconosciute, i filosofi hanno oggi un cattivo rapporto con le divinità antiche anche  solo a scopo evocativo. Consiglio di percorrere l’area rettangolare a piedi scalzi. Il luogo, anche se non è mai stato sacro,  è sicuramente “magico”: il terreno è ricoperto da un muschio giallastro spesso parecchi centimetri che cresce solo in alcune zone di questa regione. Il contatto delle dita dei piedi nudi con questa “pianta” produce una sensazione indescrivibile perché non è paragonabile a niente altro di simile. Si arriva in fondo alla radura con il fisico e lo spirito rinfrancati e si entra nel centro abitato dal vertice dell’angolo retto della terrazza scavalcando alcuni ruderi delle case del quartiere settentrionale.

 

torreQuadrata 20 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: La torre quadrata di avvistamento

Viaggio nel tempo nella Città dei Filosofi ricostruita tremila anni dopo (2540/2750 d.c.)

Proseguendo a piedi  verso sud in mezzo ai campi in leggera pendenza si nota subito, in lontananza, la torre quadrata di avvistamento. Si percorre una larga terrazza incolta che (a detta di alcuni filosofi) doveva essere un tempo un’area sacra dedicata al dio Poseidone. Superate alcune case isolate si arriva velocemente ai piedi della torre. La ricostruzione ha avuto una funzione puramente estetica. Come per molte altre parti della città l’idea è stata quella di ricreare con grande libertà di interpretazione la struttura urbanistica della città di origine fondata dai filosofi attorno al 540 avanti Cristo.

La torre a base quadrata costruita in mattoni bianchi e terracotta vuole riproporre la sembianza di una fortificazione di avvistamento e protezione del vallone sottostante su cui sorge il quartiere meridionale della città. La costruzione si affaccia al dirupo della gola che separa i due quartieri e si trova in posizione sopraelevata rispetto al cuore della città ma sita più in basso rispetto all’acropoli. Col suo aspetto volutamente diroccato e abbandonato, il suo isolamento rispetto alle altre abitazioni, il suo sovrastare imperioso al di sopra di tutto e la sua inutilità, si vuole simboleggiare l’aspetto e l’anima del filosofo: solitario, isolato, al di sopra delle parti, produttore perenne di pensieri e idee  che non servono più  a nessuno se non a se stesso.

 

acropoli2 19 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: Le case coloniche

Prosegue il viaggio nella Città dei Filosofi (2540/2750 d.c.)

Scendendo dall’acropoli (lato sud) tra le costruzioni addossate si cerca un varco per oltrepassare la bassa fortificazione delle brevi mura di cinta della vetta del promontorio. Percorrendo lo stretto passaggio verso la torretta sud si intravede la piccola apertura che permette l’accesso alla valle. Il paesaggio che si presenta allo spettatore è desolato, brullo senza vegetazione. Una vallata di terra scura e a tratti nera in cui spuntano case sparse isolate fra loro, i muri intonacati di calce bianchissima spiccano dallo sfondo plumbeo come vivessero di luce propria. Gli abitanti della campagna, che ancora si fanno chiamare coloni, ricavano dal terreno arido una pianta generata dalla modificazione genetica di alcune specie di funghi anaerobici (che un tempo si usavano per divorare la plastica). Il colore nerastro del terreno è dato da questa pianta che in seguito ad complessi processi biochimici diventa commestibile. I filosofi della città si nutrono principalmente di questo prodotto a basso contenuto calorico che però pare abbia la proprietà di aprire la mente  e accelerare le funzioni cerebrali. E’ diventata tradizione, per i filosofi  meno integralisti, precorrere la campagna una volta la settimana per rifornirsi direttamente dai produttori del “prezioso” alimento. Le costruzioni rappresentate nella foto ospitano i laboratori dei coloni in cui elaborano e vendono il magro prodotto della terra.

 

 

acropoli vista dal mare 18 Mar

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare dell’Acropoli

Storia della ricostruzione della Città dei Filosofi 2540/2750 dopo Cristo

Inizia con l’ Acropoli vista dal mare il viaggio “turistico” nella città dei filosofi sorta per la prima volta nel 540 avanti Cristo in una colonia della Magna Grecia e ricostruita tremila anni dopo sulla base degli scritti e delle testimonianze senza seguire una planimetria storica.

Gli anni attorno al 2750 d.C. cui si riferisce questo “reportage” di viaggio vedono ancora la maggior parte del  pianeta immerso nel nuovo medio evo in cui è caduto dopo l’esaurimento delle risorse energetiche avvenuto nel 23° secolo. La cittadina, di cui vedremo la foto d’insieme alla fine del viaggio, si affaccia con un promontorio sul mar tirreno con alle spalle un territorio semi deserto e spoglio ad indicare la povertà in cui l’umanità è caduta da secoli.

L’idea di non mostrare l’immagine intera della città serve a creare sospensione e curiosità e nello stesso tempo l’impressione  e l’illusione di girare per le strade cittadine in cui le distanze della visuale sono molto ridotte. Un po’ come visitare una città di pianura in cui la foto d’insieme si può ricavare solo da un aereo

La visita inizia oggi dall’ acropoli vista dal mare, la parte più alta della città:  il luogo è in grado di sovrastare il territorio circostante e offrire la vista sia del mare che delle colline concentrando, con questa ripresa, lo sguardo non su quello che offrirebbe l’orizzonte ma sull’architettura essenziale delle abitazioni.  Poche strade e poche finestre indicano una ormai atavica assenza di comunicazione. Gli abitanti dediti allo studio della filosofia vivono chiusi nel silenzio delle loro stanze semi buie, ognuno concentrato sulla propria convinzione, immersi nelle loro meditazioni a cercare ancora una volta quello che in 3000 anni di storia del pensiero non sono mai riusciti a soddisfare.

 

 

identikit e ritratti 30 Jan
IDENTIKIT E RITRATTI DI CARLO RAVAIOLI
“ identikit ”

Venerdì 19 ottobre, alle ore 18.30, presso l’ Oratorio di San Sebastiano, a Forlì, si inaugurerà la mostra IDENTIKIT E RITRATTI dedicata all’artista forlivese CARLO RAVAIOLI. La rassegna, organizzata da IL VICOLO – Sezione Arte, è curata da Marisa Zattini. La rassegna documenta una raffinata ricerca avviata da qualche anno da Carlo Ravaioli e ci offre l’occasione di riflettere su di un tema profondo e articolato quale l’identità. Attraverso 14 raffinati ritratti e 7 “identikit”, l’artista «pone l’accento sulla de-realizzazione e sull’iperreale come ibridazione.

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30 Jan

Particolare del dipinto “la sesta terra” un evocazione dei miei paesaggi  interiori e, secondo qualcuno, delle “Città invisibili” di Italo Calvino.

Si potrebbero anche definire le “Città dell’Anima” in quanto nascono da una istintiva narrazione dell’atto creativo casuale alla base di questa tecnica pittorica.

quartierebianco 30 Jan

L’OCCHIO ATTENTO DEL VIAGGIATORE

Nell’anima della città nel centro storico riservato ai privilegiati dove anche le nubi lasciano spazio per far passare il sole, dove tutto è bianco, lindo e pulito: l’occhio attento del viaggiatore scopre vicoli e androni che lo trascinano in un labirinto senza uscita. E’ il labirinto dei suoi pensieri che lo spingono a viaggiare, a cercare città invisibili, città fantasma, città in un lontano futuro senza capire che dentro di sè esiste già una meraviglia infinita: la città dell’anima

isaAVI2 30 Jan

Ho incontrato persone senza averle mai viste in faccia, senza conoscere il loro aspetto fisico. Ci siamo scambiati frasi e immagini di soli pixel.
Abbiamo anche cercato di guardarci dentro attraverso le sfumature delle parole e… ci siamo immaginati.
Poi ho pensato di inventare il loro ritratto come se le avessi veramente incontrate.

isa