carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: Le dimore dei filosofi integralisti
Le dimore dei filosofi integralisti
Se si proviene dalle aree sacre, in cui si respiravano ampiezze e si camminava sul muschio morbido, il contrasto sensitivo è immediato. I piedi incontrano un selciato impervio, scavalcano rovine e ruderi artificiali messi apposta per rendere il cammino faticoso in salita. Il groviglio di case che si presenta alla vista muovono un profondo senso di soffocamento pari alla claustrofobia di chi si trova nel bel mezzo di un labirinto. L’acropoli sovrastante (da cui è iniziato il viaggio) si intravede a mala pena e sembra irraggiungibile tanto complesso è il sovrapporsi delle costruzioni. Le case sono addossate una all’altra a distanza di pochi decimetri in modo che percorrendo a piedi i caseggiati non si può fare a meno di strisciare qua e la contro i muri e in certi punti è necessario proseguire in laterale per poter varcare i passaggi più stretti. In ogni momento tutto ciò che circonda è mirato a togliere la visuale d’insieme costringendo il visitatore ad avere pareti a distanza ravvicinata: così non rimane che sbirciare dentro ai rari antri e finestre che si incontrano sul percorso. In queste case vivono i filosofi più agguerriti, orgogliosi di auto definirsi “integralisti” per il rigore con cui seguono e osservano le regole imposte. L’architettura urbana che li ospita è una chiara allegoria del loro metodo per affrontare le domande che riguardano l’esistenza. Essi non scrutano gli insiemi, non osservano il mondo dall’alto delle loro dottrine ma si buttano nei grovigli indistricabili dei pensieri cercando di entrare nel particolari, girare a lungo attorno agli argomenti in attesa che si apra una falla, una finestrella che possa dar modo di intravedere all’interno del problema un indizio o una parvenza di soluzione.