carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: la casa di Zenone
Quello del paradosso di Achille e la tartaruga
La nostra passeggiata prosegue in basso direttamente verso il mare ormai molto vicino. Scavalcando i resti diroccati dei muri delle terme ci si trova dietro a un grande complesso architettonico formato da tre costruzioni alte incastrate tra loro a piombo sull’acqua nella parte sinistra come sarebbero potuti essere i palazzi di Venezia. Giriamo dal lato nord fino alla terrazza che ci mostra le facciate della costruzioni, il giardinetto incolto, alcuni terrapieni e la discesa al mare: siamo arrivati alla casa di Zenone. Questa come le altre abitazioni dedicate ai filosofi della fondazione del 540 avanti Cristo è completamente vuota. Spesso però i gruppi di studiosi che per diletto si dedicano a ricordare le dottrine presocratiche si riuniscono in questo giardino proprio a ricordare e disquisire sui paradossi che Zenone aveva pensato. Argomenti come l’essere, il non essere e l’infinito dopo tremila anni di pensiero logico facevano ancora discutere. Ci piacerebbe poter assistere a una di queste riunioni, osservare quei cervelloni mentre entrano ed escono dalle porticine senza battenti o camminano scalzi nel cortiletto scommettere su quante volte immergeranno i piedi nell’acqua marrone o ascoltare i loro discorsi incomprensibili. Noi ci limitiamo a visitare il luoghi incuriositi talvolta dalle abitudini e stile di vita degli abitanti e poco ci importa se Achille scommette di vincere una corsa con una tartaruga senza riuscire a capire se arriva prima la tartaruga o se al massimo arrivano pari. Forse proprio l’esempio figurato di questo paradosso mostra l’inutilità della filosofia e di conseguenza di questa città: a volte, come in questo caso, in un fenomeno scontato come quello di due che gareggiano in una corsa si vuole per forza escludere la possibilità che i due taglino il traguardo alla pari, semplicemente perché l’uomo non ha gli strumenti per misurare distanze infinitamente piccole. E se anche avesse gli strumenti per farlo non avrebbe il tempo di aspettare che un limite tendente a zero arrivi allo zero. Resta il fatto che fino a questo momento non abbiamo ancora incontrato nessuno.
Uno stralcio preso dalla rete riguardante la vera intenzione del filosofo Zenone quando ha “inventato” i suoi paradossi: Un punto fondamentale di questa discussione consiste nel capire che cosa volesse dimostrare Zenone. Il suo obbiettivo era di difendere le idee del filosofo Parmenide suo contemporaneo.
Parmenide considerava ingannevoli i sensi e riteneva che la realtà fosse un unico, immutabile tutto. Secondo Parmenide molte cose che diamo per scontate, come la pluralità ed il movimento, non sono altro che illusione. Con il paradosso di Achille e la tartaruga, Zenone voleva dimostrare che il movimento è pura illusione. In altri termini, ci sembra che Achille raggiunga la tartaruga, ma entrambi non sono altro che parti di un unico essere immutabile, ed il loro movimento è illusorio.