L’illusione e le origini dei culti moderni nei nuovi templi
Il vasto spazio che separa il porto dall’agglomerato dei nuovi Templi, più che a una piazza assomiglia a un campo allagato. L’immensa pozzanghera che divide le facciate delle costruzioni dall’ampia veduta antistante si impone come fossato protettivo o come il fiume Acheronte che separa il mondo reale da ciò che riguarda l’aldilà. L’ostacolo che ci separa dal cammino introspettivo è apparente: ciò che sembra un calmo e profondo corso d’acqua è in realtà profondo poco più dello spessore della suola delle scarpe e lo si può attaraversare senza bagnarsi i piedi. Facciate di chiese e templi senza elementi architettonici riconoscibili sorgono addossati gli uni agli altri per non suggerire nessun riferimento religioso. Si intuisce semplicemente che quello potrebbe essere il luogo in cui la filosofia si mescola alla religione raccogliendo quà e là elementi dalla storia dei popoli che col culto hanno costruito e distrutto imperi immensi.
Quando fu ricostruita la città, in molte parti del pianeta, erano iniziate a sorgere correnti di pensiero che andavano a pescare nelle dottrine arcaiche dei popoli più antichi della terra. Incredibilmente erano sorti ancora una volta luoghi di culto per dare maggiore sostanza alle nuove religioni. Il fenomeno durò parecchie decine di anni e oggi, in questo luogo, troviamo accenni anche a quel periodo.
Pochi e sproporzionati gradini ci invitano a salire ed entrare dal grande portale al centro del complesso e questa volta la salita è abbastanza faticosa. Appena entrati il gioco delle prospettive cattura immediatamente lo sguardo e ci troviamo magicamente sospesi in un mondo illusorio. Ciò che da fuori vedevamo in alto, da qui ci appare molto in profondità e viceversa, ci muoviamo con difficoltà e lentamente per evitare il capogiro. Un buon inizio per avere la sensazione di distaccamento dalla realtà e prendere coscienza di quanto il senso della vista influenzi e condizioni la vita umana ricordandoci, se mai ce ne fossimo dimenticati, quanta parte ha avuto nella crisi del pianeta del XXI secolo. Se non riusciamo più a chiudere gli occhi per meditare o pregare o pensare o contemplare l’energia di cui siamo fatti, qui è possibile fare tutte queste cose ad occhi aperti, la visione ci porta in quello stato di fissità in cui ci troviamo quando il cervello si resetta: guardiamo ma non percepiamo nulla. Ora siamo seduti sui gradini che danno in un cortile interno nella zona più bassa ma la sensazione di galleggiamento che abbiamo guardando di fronte è quella di trovarsi in alto e vedere addirittura i bagliori del porto.
Dopo una lunga sosta per questa meditazione “forzata”, ci spostiamo all’interno di quelli che chiamano i templi nuovi. Altissime colonne a base quadrata in doppia e tripla fila, fitte da non lasciar passare nemmeno un topo, sorreggono un tetto pesantissimo per dimostrare la forza e la solidità delle fondamenta di sostegno. All’interno ci si arriva da un tempietto più basso e anche qui l’impatto visivo è spiazzante. Le colonne hanno una superficie e una disposizione tali che la luce, entrando amplificata a fasci lamellari, illumini l’abbondante pulviscolo atmosferico componendo figure geometriche che riempiono tutto l’interno dei templi nuovi e cambiano forma e dimensione in continuazione col cambiare della luce esterna. Ci troviamo così a vagare tra stanze vuote in movimento le cui pareti possono essere attraversate perché fatte di luce, o meglio di tanti granelli di polvere sospesi illuminati. Un modo originale e artistico per rendere l’idea che la materia è fatta di atomi.
Un particolare del dipinto “La città dei filosofi” – I nuovi Templi