In piedi sotto l’albero magico o seduti all’ombra della buona sorte.
La sommità del colle in cui sorge il centro citta ha due vette. Abbiamo lasciato l’antica fonte e i giardini dell’essere nella prima sommità e dopo aver percorso un piccolo avvallamento risaliamo per raggiungere la minuscola piazzetta su cui sorge l’albero magico. Lo scenario costringe l’occhio a fermarsi sulla piccola chioma rotonda invitandoci a guardarla più da vicino. Ci sediamo in cerchio circondando il tronco e fissiamo la luce che rimbalza tra le foglie bianche dell’albero. Quando gli alberi avevano la clorofilla che colorava le foglie di verde si poteva godere di una ombra fresca sotto al sole cocente. Le fronde bianco latte invece diffondono e amplificano la luce in modo tale da non produrre ombre al suolo nemmeno per gli oggetti che vi si trovano sotto. Siamo avvolti come da una nebbia accecante in uno stato meditativo ad occhi aperti pronti ad avere esperienza dell’energia vitale che da vita ai corpi. Quello che ci si aspettava dal precedente giardino lo troviamo qui seduti sotto l’albero magico: l’essenza dell’essere. Nell’intuire una coscienza immortale una gioia profonda ci pervade poi segue un malinconico timore dato dalla certezza che la perdita del corpo sarà anche perdita della propria memoria. L’effetto della sperimentazione al posto del ragionamento filosofico ci carica di voglia di attingere da tutto ciò che già si possiede realizzando il significato delle antiche disquisizioni sul “carpe diem”. Ci incamminiamo verso la “periferia” della città girando attorno alle case che sorgono sulla sommità della seconda vetta. Il lato nascosto di questa parte del monte non scende in una vallata ma rimane in quota e si congiunge con un sentiero alle case arcaiche della periferia.
L’albero magico è un particolare della città dei filosofi