il ritorno alla terra da un tempo diverso, il mito della memoria cosmica e il sentimento oceanico
Non esiste confine tra le case arcaiche e quelle della “periferia fantasma”. Le prime, come il resto della città, hanno la parvenza di essere abitate mentre le ultime, oltre a diradarsi, hanno l’aspetto fatiscente quasi diroccato del paese disabitato da decenni.
Il sentiero ben definito che avevamo percorso si ramifica tra le case diradate e si confonde col muschio scuro: l’itinerario finisce qui, in una atmosfera rarefatta e impersonale in cui tutti gli uomini sembrano essere partiti per un altrove sconosciuto senza aver lasciato tracce o indizi che possano ricondurre a loro. Le case sono state costruite per ospitare il vuoto, nessuna identità che si possa legare ad esse, esistono solo per essere osservate dall’esterno come si osserva l’universo senza sapere chi potrebbe averlo creato.
La voglia di tornare a casa si insinua dentro di noi e sembra che nessuno abbia capito perché siamo finiti in questo posto. Il cielo marrone scuro che pesa sui tetti della periferia fantasma ci fa girare su noi stessi per cercare in lontananza e ritrovare con lo sguardo le bianche chiome luminose degli alberi della città. Ora davanti a noi si staglia la sagoma nera del monte su cui sorge il centro della città dei filosofi, contornata da un filo di luce come una eclissi totale.
Attratti dal controluce e oppressi dal terribile buio che incombe alle nostre spalle cerchiamo il punto dove prima finiva la strada. Quel sentiero, che timidamente diventa sempre più evidente, ci appare da questo diverso e contrario punto di osservazione l’inizio dell’itinerario che porta alla città. Non sapremo mai se il messaggio finale sia proprio quello di far coincidere la fine con l’inizio, quello che ci pare evidente è che il vero scoglio, sul quale tutti i pensatori hanno finito per naufragare, sia quello della memoria. Se vogliamo sapere da dove siamo venuti per capire dove andremo a finire non ci rimane altro che penetrare in profondità i nostri ricordi ma per quegli abissi non abbiamo ancora la nave.