“La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: L’antica fonte
Veduta del fiume Alento e l’origine dello scorrimento
Camminando, con alle spalle le antiche mura, ci accorgiamo che la voglia di esplorare la città nascosta del nostro inconscio è rimasta viva anche se non è più compito del filosofo indagare gli aspetti occulti della coscienza. Ricomincia il cammino tra piazzette ed edifici verso la parte alta dell’abitato e verso l’entroterra. Raggiunta l’altezza del crinale un’altra sorpresa ci sconvolge: abbiamo l’impressione che la città finisca all’improvviso. Il quartiere meridionale con il suo centro città è costruito solo sul lato occidentale della collina. Il lato orientale non esiste, è un crinale spoglio e deserto che scende con un declivio fino alla gola scavata dal fiume Alento. Mi vengono in mente le città usate nei film western di cui esiste solo la facciata e il retro è tutta una impalcatura: la città dei filosofi è fatta per essere osservata solo dal mare a sottolineare la posizione di distacco che uno spettatore dovrebbe tenere anche nei confronti della propria vita. Spesso è necesssario salire in barca e galleggiare qualche minuto per guardare la propria esistenza dal di fuori. Dopo aver trascorso tanto tempo in mezzo a case e palazzi il vuoto improvviso che sorprende i nostri sensi ci costringe a una nuova sosta, è come se, girato l’angolo, ci trovassimo davanti al lato oscuro della luna.
Lo sguardo si perde nel paesaggio collinare dall’aspetto morbido e armonioso poi l’attenzione si concentra su un segno ben marcato: è la traccia scavata del fiume Alento che da questo punto si riesce a vedere quasi per tutta la sua estensione fino a perdesi dietro alle colline. Nasce la curiosità di vedere l’origine del fiume ma il fatto che il suo corso scompaia dalla nostra vista ai piedi di una montagna nera ci fa capire il senso di questa tappa. Ci troviamo ora in un cortile degli edifici della parte più alta dell’urbe in una piccola area dedicata alla “Antica Fonte”. Non vediamo nulla che possa richiamare alla mente una sorgente o un pozzo o una fontana, solo un minuscolo boschetto e un muro nero con una scritta bianca: “hyele”. Il nome di quella che doveva essere la prima fonte di acqua è lo stesso di quello della città dei filosofi e il messaggio che ne ricaviamo ci indica che la nostra attenzione deve ora andare alla sorgente, all’origine dello scorrimento. Ricorre l’immagine, molto usata, del fiume che nasce e scorre verso il mare per descrivere la vita umana ma sopratutto l’interesse è volto all’esplorazione del mondo sotterraneo che fa si che l’acqua arrivi in superficie per sgorgare e scorrere. Da sempre si sono cercati metodi per risalire il tempo percorrendo la memoria di eventuali vite precedenti e arrivare all’inizio di tutte le memorie. Ma i risultati, oltre a produrre “Stati di allucinazione” cioè di stadi alterati della coscienza, non sono mai stati soddisfacenti ne rassicuranti ne credibili. Ritorniamo a sederci al cospetto della valle a osservare il corso dell’Alento, da anni completamente asciutto, presi da una pacata malinconia e un profondo vuoto ci sentiamo invidiosi di come la “vita” di quell’insignificante corso d’acqua abbia potuto lasciare nei secoli un solco così profondo. Fissiamo le nere colline in cui si perde la vista del fiume poi chiudiamo dolcemente gli occhi e cerchiamo nella miriade di fosfeni una nuova fonte di ispirazione.
Lo sguardo si perde nel paesaggio collinare dall’aspetto morbido e armonioso poi l’attenzione si concentra su un segno ben marcato: è la traccia scavata del fiume Alento che da questo punto si riesce a vedere quasi per tutta la sua estensione fino a perdesi dietro alle colline. Nasce la curiosità di vedere l’origine del fiume ma il fatto che il suo corso scompaia dalla nostra vista ai piedi di una montagna nera ci fa capire il senso di questa tappa. Ci troviamo ora in un cortile degli edifici della parte più alta dell’urbe in una piccola area dedicata alla “Antica Fonte”. Non vediamo nulla che possa richiamare alla mente una sorgente o un pozzo o una fontana, solo un minuscolo boschetto e un muro nero con una scritta bianca: “hyele”. Il nome di quella che doveva essere la prima fonte di acqua è lo stesso di quello della città dei filosofi e il messaggio che ne ricaviamo ci indica che la nostra attenzione deve ora andare alla sorgente, all’origine dello scorrimento. Ricorre l’immagine, molto usata, del fiume che nasce e scorre verso il mare per descrivere la vita umana ma sopratutto l’interesse è volto all’esplorazione del mondo sotterraneo che fa si che l’acqua arrivi in superficie per sgorgare e scorrere. Da sempre si sono cercati metodi per risalire il tempo percorrendo la memoria di eventuali vite precedenti e arrivare all’inizio di tutte le memorie. Ma i risultati, oltre a produrre “Stati di allucinazione” cioè di stadi alterati della coscienza, non sono mai stati soddisfacenti ne rassicuranti ne credibili. Ritorniamo a sederci al cospetto della valle a osservare il corso dell’Alento, da anni completamente asciutto, presi da una pacata malinconia e un profondo vuoto ci sentiamo invidiosi di come la “vita” di quell’insignificante corso d’acqua abbia potuto lasciare nei secoli un solco così profondo. Fissiamo le nere colline in cui si perde la vista del fiume poi chiudiamo dolcemente gli occhi e cerchiamo nella miriade di fosfeni una nuova fonte di ispirazione.