Interno con oggetti 20 Nov

INAUGURAZIONE VENERDì 30 NOVEMBRE
ORE 19,30

Mostra personale di Carlo Ravaioli

LABIRINTI

a cura di Sabrina Marin 

Galleria d’Arte ARTISTICA

Via del Lazzaretto, 17 Forlì

 “La logica del visibile si è messa al servizio dell’invisibile. Tutto considerato niente è più irreale dell’architettura: il labirinto, la Torre di Babele (…)” L. Sciascia

Davanti ai quadri di Carlo Ravaioli mi sorprendo in religioso silenzio, in attesa che qualche cosa accada. Il punto di vista è così ravvicinato che ci si trova ad essere catapultati in quelle spire composte da muri massicci, scrostati e in precario equilibrio, che nelle loro intersezioni creano improvvisi labirinti. Proprio a questo dedalo di corridoi e scale s’ispirano gli inediti dipinti esposti alla Galleria Artistica di Forlì. “Labirinti” è il titolo della mostra. Trae ispirazione filosofica, simbolica e artistica da quel segno architettonico che da millenni accompagna l’uomo nella storia e nel suo tortuoso cammino di conoscenza.

Mai come all’inizio del ‘900, il secolo che ha rotto con i linguaggi tradizionali, si è materializzato il desiderio di liberarsi da qualsiasi centro gravitazionale. La certezza del mondo cartesiano e gli equilibri del mondo occidentale si scardinarono, favorendo l’avanzare di un disordine labirintico che si rivelerà estremamente interessante e fecondo dal punto di vista artistico. Furono le cosiddette avanguardie storiche, il Futurismo, l’Astrattismo, il Dadaismo e il Surrealismo, a tracciare una nuova strada maestra in cui nell’arte contemporanea decade l’interesse a rappresentare la realtà a vantaggio di una più generale dilatazione degli spazi non solo quelli fisici-pittorici ma anche quelli mentali e spirituali.

In questa condizione, l’opera che Carlo Ravaioli dipinge è essa stessa un dedalo. Le ragnatele di passaggi che scorgiamo nei suoi quadri conducono lo spettatore in un percorso involuto che conduce inevitabilmente dall’esterno (il mondo reale) al suo centro (l’inconscio) e viceversa.

L’artista traduce così in immagini la propria profonda sensibilità dell’Io facendo prendere forma ad architetture, palazzi immaginari, labirinti al cui interno approda la luce, sferza il vento e si dipanano elementi organici. È comprensibile che in questo intricato groviglio architettonico, non ha molta importanza riconoscere il percorso esatto per uscirne, quanto piuttosto ricercarne l’essenza più intima. È sottinteso che questi corridoi diventino l’allegoria del viaggio interiore che ognuno di noi percorre.

Così sembrano suggerire le tele Dedalo, Invaso d’erba 2018, Metro e Ingresso del labirinto dove i muri e le rampe di scale tendono a creare l’assetto a percorsi di un ideale labirinto. Opere in cui è un eterno errare e un continuo e faticoso saliscendi, come del resto sono le asperità dell’animo. Succede così che i labirinti di Ravaioli non siano su un unico piano come siamo soliti immaginare, ma si sviluppino anche verticalmente mediante precarie e ripide scalinate. Lungo il nostro cammino si prospettano salite tortuose, prove difficili ma anche magnifiche discese in fondo alle quali ci attendono grandi finestre che, attraverso tendaggi svolazzanti, rivelano orizzonti lontani.

Le finestre sono il simbolo dell’evasione, della fuga dal labirinto dove persino un fiore ancorato alle sue radici e imprigionato in un pesante vaso si protende con forza verso quel varco che gli dona luce e vita. Lo vediamo in Voglia di evasione, ma più in generale in tutta la produzione dell’artista dove la finestra rappresenta il miraggio e il desiderio di libertà.

Si evince che per Ravaioli il labirinto è il paradigma del viaggio.

In questi corridoi, scomparti e ballatoi, la figura umana è assente solo in parte, in verità l’osservatore che si avvicina all’opera ne è trascinato all’interno fino a scoprirsi parte di essa. E in un istante si è dentro il quadro.

Il labirinto che si estende in un intreccio di muri è reale e concreto. In questo groviglio architettonico la via di uscita pare un miraggio e il sentimento di angoscia cresce. La paura di non uscirne è in agguato. Ravaioli gioca con lo spazio, sovverte gli equilibri e toglie la centralità di un punto focale, suscintando smarrimento. Lungo i molteplici cammini percorribili si avverte il disagio per quelle alte pareti che si deformano lungo i pendii creando forti illusioni ottiche e una sorta di vertigine.

Il risultato è un labirinto che sfida la percezione e l’orientamento dello spazio.

Succede talvolta che anche il colore alimenti una sensazione di tormento e ossessione, come in La casa degli incendi dove il colore rosso fuoco nelle sue molteplici sfumature incandescenti non faccia altro che accrescere il senso di disorientamento nel complicato intreccio di scale.

In sintonia con quanto argomentato, Ravaioli sviluppa i suoi labirinti attraverso profondi dialoghi di colore e luce. Il colore diventa il concreto protagonista del quadro tanto quanto le massicce mura dipinte. Grazie ai colori decisi delle pareti riusciamo a distinguerle l’una dall’altra. Colori caldi e freddi che così sapientemente accordati regalano una musicalità cromatica che accompagna chi percorre l’intricato cammino.

Mai ci è permesso di vedere l’esterno delle costruzioni di Ravaioli; l’esterno è per sua stessa definizione visibile a tutti! Il fascino sta in ciò che è all’interno, nel celato. In questo modo per dirla con le parole di Leonardo Sciascia “la logica del visibile si è messa al servizio dell’invisibile. Tutto considerato niente è più irreale dell’architettura: il labirinto, la torre di Babele”, che ci introducono nel nostro misterioso e affascinante viaggio interiore.

Inizia il viaggio!

fiore pallido

Fiore Pallido – acrilico su tavola cm 30×40

Sabrina Marin

Sabrina Marin è Storica dell’Arte e da 20 anni è in carica presso la Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici della città Mantova, sua città natale. Adottata dalla Romagna da più di 18 anni, ha intrapreso una serie di studi riguardo le tematiche trasversali che interessano l’arte con mondi a noi più vicini come il vino, il cibo e la fotografia. Laureata a pieni voti all’Università di Bologna, la sua tesi vince il premio Tina Bianchi nel ‘97 come miglior scritto nella sezione Storica/Artistica con la prima monografia scritta del pittore seicentesco Pietro Facchetti. Ad oggi la sua attività si arricchisce di numerose pubblicazioni su riviste di settore, è titolare di diverse rassegne letterarie e curatrice di mostre d’arte moderna e contemporanea. Nel 2017 crea il format IN Shop Eventi, un autentico spazio social fatto di relazioni ed eventi