i laboratori di Leucippo - le citta invisibili dei filosofi 06 May

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: I laboratori di Leucippo

“ciò che è tutto quanto pieno”

Dove finiscono le costruzioni della scuola eleatica iniziano quelle dei laboratori di Leucippo in un continuo tale da non distinguere le due parti se non come ali di una grande complesso. Mentre la zona della scuola ha una funzione puramente turistica, quella dei laboratori dovrebbe essere vero luogo di studio e discussione. Non ha nessun riferimento storico, forse ai costruttori piaceva collocare al centro di tutto il complesso cittadino una specie di biblioteca che facesse anche da punto di partenza per una visita museale per chi proviene dal mare. Una reception in cui si possono trovare tutti i documenti relativi alla città e al pensiero filosofico arcaico per avere subito un contatto con lo spirito disquisitivo degli abitanti. Si suppone che il riferimento a Leucippo sia per il fatto che non seguì la stessa via di Parmenide e Senofane nella spiegazione delle cose per cui era ritenuto estraneo anche alla città nonostante vi abbia vissuto. Entriamo nel grande palazzo che sovrasta il complesso dei laboratori e qui incontriamo finalmente i filosofi. Un gruppo di persone, vestite come potevano essere i greci di quel tempo, ragionavano ad alta voce e si confrontavano su argomenti come gli atomi il pieno il vuoto e l’esistenza dell’essere. Tutti argomenti del pensiero di Leucippo e degli altri filosofi di quel tempo: ci accorgiamo immediatamente che ancora una volta ci troviamo di fronte ad attori il cui compito è quello di rendere più colorito e realistico il percorso turistico. Un vero paradosso: un viaggio nel futuro che ci fa vivere un viaggio nel passato, un’altra delusione. Usciti dal palazzo ci intrufoliamo nelle piccole costruzioni che si protendono sull’acqua sbirciando il contenuto di alcuni dei libri che riempiono tutti gli spazi e alla fine preferiamo uscire e sederci con le gambe a penzoloni sull’acqua a guardare i riflessi delle case su quella superficie liscia e immobile come una lastra di vetro. Se non fosse per un nostro compagno di viaggio che si è bagnato i piedi avremmo potuto pensare che anche quel mare grigio fosse finto, una ennesima illusione, una proiezione del pensiero costringendoci a ragionare su “cio-che-è-tutto-quanto-pieno” senza spazi vuoti tra gli atomi.