portaRosa 27 Apr

carlo ravaioli “La Città dei Filosofi” olio su tela cm. 90×180 – particolare: la porta rosa

Il passaggio tra i due quartieri

La casa di Zenone ci ha lasciati un po’ perplessi, avevamo sperato, almeno in quel luogo, di incontrare qualche abitante, anche se non proprio filosofo, con cui scambiare informazioni se non impressioni sul viaggio svolto fino a questo momento. Le case, la maggior parte aperte, fanno intravedere quello che c’è all’interno e se fuori non ci sono tracce di vita i mobili gli oggetti d’arredamento lasciano intuire che qualcuno abita quell’interno. L’impressione è quella di trovarsi davanti alla casa di chi è fuori per il fine settimana ma che l’ha dimenticata completamente aperta. Per quel che riguarda le abitazioni senza porte invece l’immaginazione deve fare sforzi maggiori: per esempio che sono abitate da un genere di filosofo ancor più assolutista degli integralisti tali che si sono murati dentro ai loro pensatoi per non avere più nessuna altra possibilità diversa da quella di pensare: qualcuno li ha chiamati “filosofi di clausura”. A sud della casa di Zenone spicca, nella stessa posizione avanzata sul mare, la casa di Parmenide ma per raggiungerla è necessario risalire la città e raggiungere Porta Rosa che consente il passaggio dal quartiere settentrionale a quello meridionale scavalcando la gola scavata dal fiume Alento.

Un arco enorme in marmo rosa si staglia imponente a collegare le due pareti della gola e forma un ponte per il passaggio da una riva all’altra. In realtà il nome Porta Rosa venne dato nell’antichità dallo scopritore Mario Napoli non per il colore della costruzione ma perché era il nome della moglie. “L’arco a tutto sesto è sostenuto da due piedritti in opera isodoma” – così troviamo scritto sulla guida da una citazione del XXI secolo che continua – “databile alla metà del IV sec. a.C. (segno che i Greci conoscevano già a quell’epoca l’uso dell’arco che non fu, quindi, un’invenzione etrusca) la perfezione di Porta Rosa e l’armonia delle sue dimensioni non è causale: basti pensare che la luce dell’arco inscrive esattamente due circonferenze l’una sull’altra aventi per diametro la larghezza dell’arco (m. 2,68). Nel corso del III sec. a.C., la porta rimase sepolta da una frana e restò ostruita per sempre”. Qui la vediamo ricostruita in modo poco ortodosso e supponiamo che l’unico vero riferimento storico sia quello del nome.